domenica 28 novembre 2010

Fette Biscottate

Queste sono le ormai celeberrime fette biscottate di Paoletta.

Da quando le ho provate la prima volta, le preparo ogni settimana, cercando sempre di migliorarle. Si perchè, pur avendo un profumo ed un sapore di cui mi ero innamorata, erano troppo “croccanti”, anzi, in realtà il problema è che mancavano della friabilità propria delle fette biscottate industriali, che si sbriciolano al primo morso, pur essendo croccantissime. Le mie, invece, restavano un po’ troppo croccanti e poco friabili. Il che non ha impedito a me, alla mia famiglia e ai miei colleghi, di farne fuori 4 infornate, da sole, con la marmellata o, meglio ancora, inzuppate nel cappuccino bollente. Un delirio!
Perfezionarle è diventata una sfida: munita di carta, penna, cronometro, griglie e quant’altro, le ho provate e riprovate (tanto avevo un sacco di cavie più che liete di consumare i miei “esperimenti”).

Oggi mi sono venute strepitose, croccanti ma friabili, quasi quanto quelle che si comprano. Purtroppo, credo dipenda in parte dal mio forno che oggi, dopo essere stato messo a dura prova da un weekend di panificazione compulsiva, ha avuto diversi segni di schizofrenia, impiegando quasi due ore per cuocere un pane che richiedeva 45 minuti di cottura e biscottando le fette in quasi un’ora, senza per questo carbonizzarle (normalmente, ci metteva dai 20 ai 30 minuti…)!

Il forno impazzito ha mandato a monte tutti i miei meticolosi e scientifici studi, ma non posso fare a meno di presentarvi queste fette (anche se fotografate cinque minuti fa, con luce artificiale) e suggerirvi di PROVARLE!

EDIT: sapete che forse ho appena scoperto l’errore? Dopo averle fatte tipo sei volte, mi sono appena resa conto, mentre vi linkavo la ricetta di Paoletta, che stampandola avevo fatto saltare il punto 10 della sua esposizione: “far raffreddare le fette  tostate in forno semi aperto…”. Io le tiravo fuori subito. Che sia questo che fa la differenza? Qualcuno di voi ha provato a fare così?

fette_biscottate_s

Ingredienti (per circa 2 teglie di fette biscottate):

500 gr di farina 0
75 gr di zucchero
5 gr di sale
12 gr di lievito fresco
225 gr di acqua
1 albume (conservate il tuorlo per la spennellatura)
4 cucchiai di olio di semi
1 cucchiaino colmo di malto d'orzo

Per spennellare
1 tuorlo
3 cucchiai di latte

Preparazione

Ho fatto solo delle minime modifiche nel procedimento, ma è sostanzialmente lo stesso di Paoletta. Ma se è vero che questo blog è il mio diario di ricette, non potevo non scrivere anche qui la preparazione.

Sciogliete il lievito ed il malto in 200 g di acqua tiepida; lasciate riposare 5 minuti. Setacciate la farina nella ciotola dell’impastatrice, versateci il lievito sciolto ed avviate; aggiungete man mano i restanti 25 g di acqua, se vedete che la farina li richiede. Nel mio caso sono stati necessari altri 30 g di acqua per mantenere l’impasto mediamente morbido come suggeriva Paoletta.

Fermate l’impastatrice, mettete metà dell’albume e cospargetevi sopra un terzo dello zucchero. Ricominciate a lavorare ed aspettate che l’albume e lo zucchero si amalgamino all’impasto. Unite il resto dell’albume, il resto dello zucchero e, dopo un attimo, il sale. Terminate aggiungendo l’olio a filo. Impatate a lungo, per almeno 20 minuti, sostituendo la frusta a K con il gancio una volta aggiunti tutti gli ingredienti ed ottenuto una massa omogenea.
Noterete che l’impasto tenderà presto ad avvolgersi attorno al gancio, ma se lo toccherete vedrete che sarà ancora appiccicoso. Significa che dovete impastare ancora, ricordandovi di fermare la macchina e capovolgere spesso l’impasto. Non abbiate fretta!!! Il mio errore più grande è sempre stato la fretta, non avevo mai pazienza; appena vedevo avvolgersi la pasta sul gancio, smettevo di impastare!

Quando la pasta apparirà bella liscia, elastica e vellutata, fermate l’impastatrice, coprite la ciotola con pellicola (o con un canovaccio umido legato attorno alla ciotola), e lasciate riposare a temperatura ambiente per 30 minuti.

Dividete l’impasto in due pezzi (o tre, io due perchè l’ho poi cotto in due stampi da plum cake), sgonfiate e date forma arrotondata (cercando tipo di “rincalzare” la pasta verso sotto, lungo tutto il diametro della vostra pallottola). Lasciate riposare, coperto, 15 minuti.

Schiacciate i pezzi di pasta ed arrotolateli stretti formando dei filoncini, avendo cura di sigillare bene la chiusura; metteteli in due stampi da plum cake rivestiti di carta forno, pennellate con il tuorlo sbattuto con il latte e lasciate lievitare fino al raddoppio. Con la temperatura di casa mia, ci vorrà circa un’ora e mezza.

A lievitazione ultimata, spennellate di nuovo ed infornate in forno già caldo a 190°.

E veniamo ai tempi di cottura, che sono assolutamente soggettivi. Io ho fatto così: 30 minuti a 190°, coprendo dopo 20 minuti con carta stagnola, perchè i filoncini erano già di un bel marrone scuro.

Sfornate e fate raffreddare fuori dagli stampi. Avvolgete i filoncini ormai freddi in un telo di cotone e lasciateli riposare tutta la notte (ho provato anche a biscottarli direttamente, ma trovo che vengano meglio facendoli riposare) ad una temperatura di circa 20° (la mia cucina di notte, appunto!).

Affettate i filoni; io preferisco fette un po’ sottili, quindi mi mantengo sui 6 mm. Adagiate le fette su teglie coperte di carta forno ed infornate per la biscottatura, altra nota dolente. Il mio forno schizofrenico oggi ha fatto così: forno statico, già caldo, a 150° per dieci minuti, con 2 teglie. Dopo dieci minuti, ho invertito le teglie. Poi ho proprio girato tutte le fette una per una ed invertito nuovamente le teglie. Ho fatto partire in modalità ventilato e abbassato la temperatura a 140°, per 5 minuti; ho invertito le teglie e cotto altri 5 minuti; ho rigirato le fette una per una, invertito le teglie e cotto altri 10 minuti, invertendo un’altra volta le teglie dopo i primi 5 minuti.
Non tiratele fuori se sono ancora troppo pallide, o troppo morbide al centro, perchè diventerebbero gommose dopo appena un giorno. Devono asciugarsi benissimo.

A questo punto, ho sfornato e fatto raffreddare. La prossima volta proverò a farle raffreddare in forno con lo sportello semi-aperto.

Attenzione, danno dipendenza, forse più delle brioche perchè sono decisamente più facili!!!

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domenica 14 novembre 2010

Brioches siciliane 2.0

Vi accennavo nell’ultimo post del corso cui ho partecipato la settimana scorsa, quello di cucina e panificazione di Adriano e Paoletta. E’ stata un’esperienza fantastica, ho imparato un sacco di cose interessantissime e ho conosciuto tante persone che condividono il mio amore per la cucina.

Da quando sono tornata a casa, non vedevo l’ora di cimentarmi in un prodotto lievitato, per mettere in pratica i trucchi ed accertarmi di avere imparato davvero qualcosa! Però ero profondamente indecisa sulla scelta della ricetta: replicare una di quelle fatte al corso, rifare qualche vecchia ricetta applicando le nuove tecniche, o provare qualcosa di nuovo?
Sabato mattina la decisione era presa: brioches, naturalmente! Perché tutti sanno che sono la mia passione. Quelle di Paoletta in particolare, che sognavo di fare da tempo senza averne il coraggio. Ed ecco allora che setaccio le farine, preparo l’occorrente per il poolish e….noooo! Devo uscire a sbrigare un sacco di commissioni; poi pranzo dai suoceri e un salto da mia madre. Prima che possa tornare a dedicarmi alle mie agognate brioches, sono le sei del pomeriggio. Che fare allora, rinunciare (perchè la ricetta di Paoletta richiede una pausa di circa 12 ore tra il poolish e l’impasto)? Giammai! Morale della favola? Ho preso la mia vecchia ricetta delle brioches delle sorelle Simili, l’ho confrontata con quella di Paoletta, e le ho stravolte e modificate entrambe, anche in base a quello che avevamo sperimentato al corso.
Insomma, non sono bastati due giorni di intense lezioni di Adriano per imparare e capire che i lievitati richiedono precisione, proporzioni esatte e rispetto assoluto delle ricette.

Ho fatto ancora una volta di testa mia! Però sono stata fortunata…perché sono venute PERFETTE!!
Unico piccolissimo difetto è stato il “tuppo”, la pallina in cima, che tendeva a staccarsi e cadere durante la lievitazione e la cottura. Ma solo perchè la mia pigrizia mi ha impedito di utilizzare la tecnica di formatura imparata da Adriano al corso!

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Adesso vi racconto come le ho fatte, intanto guardate l’interno soffice come cotone (non avendo gelato a disposizione ci ho messo una confettura di arance fatta da mia madre…una delizia! Già pregusto la colazione di domani…).

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E ammirate com’è morbida, si scioglie in bocca…spero che la foto renda l’idea!

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Ingredienti (per circa 16 brioches da 75 g)

375 g di farina Manitoba Lo Conte
125 g di farina 00
50 g di zucchero
50 g di zucchero vanigliato*
100 g di strutto
5 g di sale
10 g di lievito di birra
200-220 ml di latte
10 g di miele
2 uova
buccia grattugiata di 1 limone

1 tuorlo e latte per spennellare

* lo zucchero vanigliato lo preparo in casa, chiudendo in un barattolo di zucchero semolato alcuni baccelli di vaniglia usati (cioè privati dei semini interni), precedentemente lavati ed asciugati accuratamente all’aria. Basta lasciarlo lì alcune settimane, più tempo sta, più diventa aromatico; quando ne uso un po’, aggiungo nel barattolo dell’altro zucchero e di tanto in tanto sostituisco i baccelli di vaniglia.

Preparazione

Assicuratevi di avere molto tempo e molta pazienza, perchè ci vorrà un saaaacco di tempo!

Setacciate bene le due farine e mescolatele in una ciotola. Grattugiate la scorza di limone in 150 ml di latte, poi scaldate bene il tutto fin quasi a farlo bollire. Lasciatelo raffreddare finchè sarà tiepido, quindi scioglieteci 6 g di lievito e 5 g (circa un cucchiaino) di miele. In una ciotolina, mescolate al latte aromatizzato (se volete potete filtrarlo prima per eliminare le zeste di limone, io non l’ho fatto) tanta farina quanta ne occorrerà per ottenere una cremina morbida. Paoletta, nella sua ricetta (che differisce per la quantità di lievito e per il fatto che il suo poolish riposa in frigo per 12 ore) ne utlizza 75 g, io ne ho usata di più, almeno 100 g (prelevati dal totale). Coprite e lasciate riposare a temperatura ambiente per circa 40 minuti. Nel frattempo, preparate gli altri ingredienti.

Scaldate i restanti 50 ml di latte e scioglieteci i 4 g di lievito ed il cucchiaino di miele. Mettete nella ciotola dell’impastatrice, con la frusta a K, la restante farina (ma tenetene da parte un po’,diciamo circa 50 g, da aggiungere dopo i liquidi e i grassi), il latte con il lievito ed unite il preimpasto. Avviate la macchina e mescolate i due composti.
Qui ho avuto un dubbio: l’impasto era troppo “secco”, aveva difficoltà ad amalgamarsi, così ho aggiunto circa altri 20 ml di latte freddo. In una ricetta Adriano suggeriva di aggiungere subito uno degli albumi previsti dall'a ricetta. La prossima volta ci provo anche io. In ogni caso, se dovete aggiungere altri ingredienti, dovete aver cura che il vostro impasto non sia troppo duro, altrimenti avrete difficoltà.
Dunque, dopo aver mescolato i due composti, fermate la macchina. Unite il primo uovo leggermente sbattuto e spargetevi sopra circa un terzo dello zucchero. Riazionate l’impastatrice, a bassa velocità. Quando l’uovo sarà amalgamato, unite il secondo sempre a macchina ferma e spargetevi sopra il resto dello zucchero ed il sale. Riprendete ad impastare, aggiungendo un po’ della farina tenuta da parte. A questo punto, l’impasto inizierà a diventare filamentoso (la cosa sul momento mi ha lasciata perplessa, ma alla fine è andato tutto bene, quindi…). Unite lo strutto freddo, a piccolissimi pezzi, seguito dal resto della farina rimasta, che metterete poco per volta. Vedrete che l’impasto inizierà ad acquisire struttura. Quando sembrerà completamente amalgamato, aumentate la velocità a 1.5. La pasta tenderà ancora ad attaccarsi alle pareti. Sostituite la frusta a K con il gancio e continuate ad impastare molto a lungo (15-20 minuti), fermando la macchina e capovolgendo spesso l’impasto. Proseguite fino a che la pasta si staccherà completamente dal fondo e dalle pareti della ciotola, perderà lucidità, diventando opaca e vellutata, e formerà il velo (tirando un pezzetto di pasta tra le dita, dal centro verso l’esterno, formerà appunto un “velo” senza strapparsi).

Mettete la pasta in una ciotola unta, copritela con pellicola e lasciatela puntare a temperatura ambiente per circa 30 minuti, poi mettetela in frigo a 6-7° per tutta la notte (sulla cui durata ho seri dubbi…diciamo che la ricetta delle sorelle Simili prevedeva 12 ore di riposo in frigo ed io così ho fatto, ma secondo me sarebbero state sufficienti 9-10 ore).

Al mattino, tirate fuori l’impasto e lasciatelo a temperatura ambiente per un’oretta. Quindi rovesciatelo sulla spianatoia, sgonfiatelo leggermente e fate le pieghe del secondo tipo con mano leggera. Coprite a campana e lasciate riposare 20 minuti.
Procedete adesso alla formatura. Prendete un pezzo di pasta da 60 g ed uno da 12-15 g per il “tuppo”, ovvero la pallina più piccola che sormonta le brioches. Procedete a formare le palline così: sgonfiate il pezzetto di impasto ed arrotolatelo dal basso verso l’alto premendo leggermente con i pollici; otterrete un “filoncino”. Giratelo di 90° in modo che sia in verticale di fronte a voi ed arrotolatelo come prima, premendo con i pollici. Otterrete un filoncino più corto. Mettetelo “in piedi” sul tavolo con l’apertura davanti (voi cioè non dovete vederla) e piegatelo a metà sempre verso avanti. Otterrete una pallina irregolare. Poggiate la mano sul piano di lavoro in modo da formare una specie di “caverna”, badando che il mignolo ed il pollice non si stacchino mai dalla superficie. Mettete al centro della mano la pallina e rotolatela sul piano di lavoro dall’esterno verso l’interno (in senso antiorario se usate la mano destra) fino a quando sentirete che farà più resistenza e sarà diventata ben compatta. Pizzicate la parte inferiore per chiuderla bene e mettetela sulla teglia coperta di carta forno. Fate lo stesso con il pezzo più piccolo di pasta. Con le dita infarinate, praticate una cavità, quasi un foro ben profondo sulla pallina più grande ed adagiatevi quella piccola premendo bene. Ripetete l’operazione fino alla fine dell’impasto. Disponete le brioches ben distanziate perché aumenteranno molto di volume sia durante la lievitazione che in cottura.

Spennellate le brioches con un tuorlo sbattuto con un po’ di latte e lasciatele lievitare fino al raddoppio. Spennellatele ancora con il tuorlo sbattuto con il latte ed infornatele a 190° (in forno già caldo) per circa 15-20 minuti, fino a completa doratura. Sfornate, fatele raffreddare e chiudetele in un sacchetto di plastica (di quelli per congelare). Così si mantengono morbide per almeno un giorno, ma se volete potete congelarne una parte. Quando vorrete consumarle, scongelatele rapidamente nel microonde e scaldatele per qualche istante. Ritornano come appena sfornate. Solo non tenetele più di un mese, perché poi secondo me cambiano un po’ sapore.

E’ un procedimento lungo, ma ne vale la pena ve lo assicuro! E penso che voi appassionati possiate capirmi. Gli altri invece… Ho portato un paio di brioches a mia madre; lei le ha assaggiate e le ha trovate buonissime, proprio come quelle del panificio. Allora mi ha chiesto la ricetta. Dopo averla sentita, mi guarda e dice: “ma ne valeva la pena? certo, sono buone, ma al panificio sotto casa sono buone uguale e non devi passare due giorni in cucina”. Triste

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giovedì 11 novembre 2010

Spaghetti con zucca e triglie

Questa è praticamente una “foto senza ricetta”, perchè la pasta in questione risale a più di un anno fa e, non avendo appuntato gli ingredienti, non ricordo, se non per sommi capi, come l’avessi preparata.
Anche la foto è una foto rubata, scattata all’ultimo istante, mentre stavo per servire la pasta, perché un assaggio clandestino mentre la saltavo mi aveva conquistato, inducendomi a fotografarla con l’intenzione di pubblicarla quanto prima. Da allora, però, sono passati mesi…per non dire anni.

Oggi, a dire il vero, avrei voluto parlarvi del meraviglioso corso cui ho partecipato, quello di Paoletta e del maestro Adriano, ma non avevo foto da mostrarvi (ero troppo impegnata a mettere le mani in pasta per scattarne) e non ho ancora replicato nessuna delle ricette fatte lì, per mostrarvi quanti progressi abbia fatto in tema di lievitazione e panificazione, così ho cambiato idea ed ho deciso di ripiegare su qualche ricetta dimenticata in archivio.

E dunque, mentre riordinavo l’archivio, è saltata fuori quest’immagine, che mi ha tentato più delle altre e mi è venuta voglia di pubblicarla. Peccato che non abbia trovato la ricetta! Ricordo la menta, perché la adoro sia con la zucca che con le triglie, ma poco altro. E nessuna dose precisa. Prometto di replicarla quanto prima, così posso colmarne le lacune. Nel frattempo, io vi ho suggerito l’abbinamento e mi sforzerò di risalire al procedimento utilizzato, ma starà a voi interpretarlo e perfezionarlo secondo il vostro gusto!

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Ingredienti (così ad occhio!):

200 g di spaghetti
un pezzo di zucca rossa (200 g di polpa?)
4 triglie di scoglio medie sfilettate (conservate le teste per il “fumetto”)
1 piccola cipolla
2 pomodori ramati privati della pelle e dei semi e tagliati in piccoli pezzi
oppure 6 pomodori secchi sott’olio
un mazzetto di menta fresca
1 manciata di mandorle tostate
olio extravergine, sale, pepe nero di mulinello

1 carota, 1 costa di sedano, 1 cipolla ed aromi vari per il fumetto

Preparazione…o quel che ne ricordo

Per prima cosa preparate un fumetto di pesce, nella solita maniera  veloce che prediligo. Mettete in una pentola una carota, una costa di sedano, una cipolla e le teste e lische delle triglie. Aggiungete due cucchiai d’olio e rosolate il tutto per un minuto, quindi aggiungete dell’acqua fredda, diciamo mezzo litro in questo caso, una manciata di sale grosso, pepe, semi di coriandolo pestati, o qualsiasi altra spezia vi piaccia. Portate a bollore e fate cuocere per 10 minuti. Tenete in caldo.

Mettete la pentola  per la pasta e, quando sarà giunta a bollore, salate e cuocete gli spaghetti. Nel frattempo, pulite la zucca e tagliatela a piccoli cubetti. Tritate finemente la cipolla. In una larga padella, versate un filo d’olio buono, unite la cipolla e la zucca e rosolate per due minuti, abbassate un poco la fiamma, salate leggermente e bagnate con il brodetto di pesce. Cuocete in questo modo per 10 minuti, la zucca dovrebbe essere quasi cotta (deve diventare poco meno di una crema, così da avvolgere gli spaghetti, come si vede nella foto!), quindi unite i filetti di triglia interi (non occorre tagliarli, si spezzeranno da soli cuocendo e mescolando), una parte della menta spezzettata con le mani, ed i pomodori (a me piace che conservino un sapore fresco, quindi li faccio cuocere poco; ma forse anche il pomodoro secco si sposerebbe bene);  cuocete ancora per due o tre minuti, mescolando. Scolate gli spaghetti al dente e fateli saltare nel condimento per un paio di minuti, regolate di sale, se occorre, date una bella spolverata di pepe macinato fresco e terminate con il resto della menta sempre spezzettata con le mani. Impiattate e servite.

Che ne dite, vi pare attendibile come procedimento? Sono quasi sicura di avere fatto così, perché è il procedimento che adotto quasi sempre quando abbino verdure e pesce. Ma se notate qualcosa di sbagliato, fatemelo sapere e correggeremo insieme la ricetta!

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mercoledì 3 novembre 2010

Pasta con “sparacelli” e calamari

Ricetta, ancora una volta, di Moscerino. Strano a dirsi, ma da una lunga fase priva di ispirazione, sono passata ad una fase letteralmente compulsiva, dove l’irrefrenabile pulsione creativa mi spinge a provare persino abbinamenti inediti, cosa che normalmente non faccio troppo spesso.

In questo caso, in particolare, desideravo accostare qualcosa di insolito con il pesce, ma non avevo un’idea precisa. Dal pescivendolo, la scelta è caduta sui calamari, che non compro quasi mai ed avevo voglia di utilizzare per un primo piatto. Poi è stata la volta del fruttivendolo; qui il panorama era piuttosto desolante, come può esserlo nella tardissima mattina di un giorno prefestivo, in cui tutti, chi più chi meno, hanno già fatto man bassa di primizie in vista dei grandi pranzi domenicali. Solitari in un angolo, però, ho scorto un paio di mazzi di sparacelli freschissimi che mi guardavano (ma sarà già stagione di sparacelli? Meglio non chiedermelo, vah…). E li ho portati a casa.

L’abbinamento era fatto e prometteva bene. Calamari e sparacelli. Mi aspettavo dalla loro unione e non sono rimasta delusa.

QUanto alla preparazione, ho fatto una semplice variante della classica pasta con gli sparacelli panormita, della quale vi ho già parlato qui. Per i non palermitani, gli sparacelli sono meglio noti come broccoletti; nel post che vi ho linkato, comunque, troverete una dettagliata descrizione di questa verdura. Ho apportato solo qualche modifica, in modo da esaltare il sapore dolce e delicato dei calamari. Le dosi sono un po’ approssimative perché non avevo in mente di postare la ricetta.
Vi suggerisco di utilizzare una pasta di ottima qualità, possibilmente ruvida e porosa, che avvolga il condimento. Io avevo dimenticato di comprarla ed ho ripiegato su un solitario pacco di bucatini senza infamia e senza lode che giacevano nella mia dispensa, i quali, però, alla prova dei fatti si sono rivelati irrimediabilmente scivolosi.

Prima della ricetta, una domanda: ma come si fa a fotografare decentemente la pasta, dovendola poi mangiare??? La pasta lunga, specialmente? Io non riesco mai ad arrotolarla come si deve, scivola da ogni parte, e se perdo tempo a scattare si asciuga!

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Ingredienti (per due persone dal sano appetito):

200 g di bucatini
1 calamaro, pulito e tagliato ad anelli molto sottili
1 mazzo di broccoletti (solo i fiori, conservate le foglie per una minestra magari)
una ventina di pomodorini
peperoncino
1 spicchio d’aglio
2 filetti di alici sott’olio
olio e.v.o.
sale

Preparazione

Pulite gli sparacelli e tagliate i fiori in piccoli pezzi. Lavateli abbondantemente. Portate a bollore una grande pentola d’acqua. Appena raggiunge il bollore, salate l’acqua e cuocete gli sparacelli per dieci minuti. Nel frattempo, scaldate in una padella un filo d’olio buono e fateci sciogliere i filetti di alici. Spegnete il fuoco. Unite poi lo spicchio d’aglio, i pomodorini tagliati a metà, un pezzetto di peperoncino ed i calamari. Quando gli sparacelli saranno cotti, prelevateli con un mestolo forato, lasciando la pentola sul fuoco (tra un attimo la userete per cuocere i bucatini), e versateli nella padella. Fate cuocere i bucatini nell’acqua di cottura degli sparacelli. Nel frattempo, soffriggete su fiamma vivace il condimento, schiacciando gli sparacelli con il dorso del cucchiaio di legno, in modo da ridurli quasi in crema. Aggiungete man mano un po’ di acqua di cottura della pasta. Scolate la pasta al dente e fatela saltare per qualche minuto nella padella con il condimento.
Adesso che ci penso, io metterei più calamari. Gli sparacelli hanno un sapore deciso che tende a soffocare quello dei calamari a meno di non bilanciare meglio le quantità.

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